Era il 2014 quando al Salone di Ginevra venne presentata un’auto che arrivava a una velocità massima di 408,47km/h, la Bugatti Veyron.
Un marchio leggendario, con un simbolo che ha fatto il giro del mondo: l’elefantino danzante.
Pensandoci, mi ha sempre fatto sorridere che la velocità della Bugatti fosse rappresentata da un elefante.
Non conoscevo la storia, poi ho letto Franzosini.
Rembrandt Bugatti, scultore. Fratello di Ettore Bugatti, produttore di automobili. Figlio di Carlo Bugatti, celebre ebanista. Nipote di Giovanni Segantini, pittore.
Diciamo che la vena artistica in famiglia non è mancata, ma Rembrandt, Rembrandt era speciale.
Lo sapeva bene suo padre che voleva per lui una carriera da ingegnere ferroviario e che dovette cedere di fronte al talento di un figlio che usava le mani per fotografare con la terracotta prima e col bronzo poi.
Franzosini è il maestro delle biografie “altre” (e alte) e a questo personaggio dedica pagine di una delicatezza commovente.
Rembrandt Bugatti, scultore. Fratello di Ettore Bugatti, produttore di automobili. Figlio di Carlo Bugatti, celebre ebanista. Nipote di Giovanni Segantini, pittore.
Diciamo che la vena artistica in famiglia non è mancata, ma Rembrandt, Rembrandt era speciale.
Lo sapeva bene suo padre che voleva per lui una carriera da ingegnere ferroviario e che dovette cedere di fronte al talento di un figlio che usava le mani per fotografare con la terracotta prima e col bronzo poi.
Franzosini è il maestro delle biografie “altre” (e alte) e a questo personaggio dedica pagine di una delicatezza commovente.
Rembrandt Bugatti lavorava col bronzo. Prediligeva gli animali. Passava ore, anzi giornate intere davanti alle gabbie del Jardin des Plantes, a Parigi, o negli edifici orientaleggianti dello zoo di Anversa.
Li guardava, li osservava; probabilmente, anzi sicuramente, li capiva.
Il rapporto con i “suoi” animali, mai domestici e quasi sempre in gabbia lo resero uno scultore celebre soprattutto in Francia e in Belgio.
Come spesso accade ai talentuosi ebbe una vita breve e tormentata. Sempre al limite dell’indigenza ma con un’eleganza innata, la stessa che ricercava negli animali e che apparteneva anche al suo aspetto, al gusto dei particolari nel vestire. Magro, acuto. Lui che soffrì come fosse uno di quegli animali in gabbia anche se era (apparentemente ) libero. “Questa vita tuttavia mi pesa molto” scrisse in una lettera al fratello Ettore per ringraziarlo dei soldi che gli inviò in un momento di difficoltà e che gli permisero di comprare delle maglie calde per contrastare un principio di pleurite.
Il critico d’arte André Salmon definì Bugatti “scultore d’animali per predestinazione” osservando come, anche nelle poche figure umane che realizza, non si debbano vedere se non “animali di specie superiore”.
Edgardo Franzosini
Questa vita tuttavia mi pesa molto
Piccola Biblioteca Adelphi, 2015