Il colibrì può stare fermo in aria ma anche volare all’indietro.
Compie settanta battiti d’ali al secondo per rimanere dove già è, senza spostarsi.
"tu sei un colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo”.
Questo libro è un volo a planare.
È la capacità di osservare dall’alto.
È la caparbietà nel resistere (resilienza è una parola abusata, non mi piace)
È la decisione coraggiosa di (ri)posarsi e non battere più le ali.Marco Carrera, soprannominato Colibrì.
Perché da bambino è piccino, magrolino, un uccellino. Un colibrì.
Il soprannome gli rimane appiccicato come spesso accade nella vita, anche se non lo rispecchia più, almeno fisicamente.In effetti del colibrì Marco non ha più nulla: è cresciuto, in altezza e in età. Si è fortificato, si è sposato, ha imparato ad accettare la sua famiglia, con tutto quel che ne deriva: la comprensione (tardiva?) per genitori che hanno amato come hanno potuto i loro figli, l’accettazione di una rottura fraterna che gli costa innumerevoli tentativi di riavvicinamento, la possibilità di sopravvivere alla stanchezza di un matrimonio naufragato nel peggiore dei modi, l’abitudine al senso di straniamento che ogni lutto porta con sé.Marco Carrera fa l’oftalmologo. Guarda negli occhi degli altri.
Li cura, se necessario. Vede e fa vedere.Marco Carrera ha un amore, da sempre. Per sempre. Che mai potrà realizzarsi secondo i canoni consueti e conosciuti ai più.
Ma questo sembra non interessare a un uomo che scrive lettere, e ancora lettere.
Un rapporto che sembra uscito da un racconto di fine secolo, un dialogo lungo una vita, con pause dentro le quali – intanto- un’altra vita scorre, si costruisce, si sfalda e rinasce.Il Colibrì sembra sopravvivere o meglio, sembra aver trovato il segreto per sopravvivere.
Se sia “lo stare fermi” non saprei dire. No, piuttosto è un saper camminare su un filo, in equilibrio e cercando di non cadere o perlomeno di non farsi troppo male.Il libro di Veronesi è un continuo viaggio di andata e ritorno fra le varie fasi della storia del protagonista, sopra la quale si sovrappongono – come veline colorate- diversi accadimenti che, di volta in volta fanno variare la temperatura, creano sfumature, luci e ombre sempre differenti.C’è molto in questo libro. Davvero molto. Genitori, figli, fratelli, amore, gioco, passione, vizio e amicizia. C’è tradimento, fiducia e rinascita. C’è la vita e la morte.
Troppo verrebbe da dire.
Poi no, va bene così, perché la vita è sempre “troppo”.Una geografia dell’amore in tutte le sue declinazioni, raccontata con bravura e con un’attenzione puntuale ai tanti maestri ispiratori (più o meno citati fra le pagine, tutti esplicitamente menzionati nel bel capitolo a fine libro intitolato “Debiti”)Per chi deciderà di leggerlo: fate caso all’hobby di Probo (una minianiatura della realtà?)
Sandro Veronesi
Il colibrì
La nave di Teseo, 2019