Eichmann – dove inizia la notte

Stefano Massini

Io non ho mai ucciso nessuno.
Mi sono occupato soltanto di renderlo possibile.
“Non mi sarei mai macchiato le mani, io sarei stato uno che firmava delle carte, che firmava dei documenti, che autorizzava delle cose, che faceva partire dei treni ma io non avrei mai ucciso nessuno e così è stato, mi sono occupato soltanto di renderlo possibile.”

Ci vuole grande intelligenza e perizia per rendere letteratura parole che pesano come macigni, e Massini c’è riuscito, ancora una volta.
La pièce è in atto unico, un dialogo immaginato fra due persone – Adolf Eichmann e Hannah Arendt – che nella realtà si sono realmente incrociate nell’aula di tribunale a Gerusalemme durante il processo del secolo, che vide Adolf Eichmann rapito da quell’Argentina in cui aveva (come tanti) trovato rifugio e portato sul banco degli imputati.
Quindici capi d’accusa pendevano su di lui: quattro si riferivano ai crimini compiuti contro il popolo ebraico, sette a quelli contro l’umanità, uno ai crimini di guerra e tre all’appartenenza al regime nazista.
Un processo lunghissimo, estenuante, che la Arendt seguì e riportò attraverso le pagine del New Yorker e che, solo in seguito, ritrascrisse in quel libro che divenne celeberrimo per il punto di vista con cui la giornalista-filosofa decise di interpretare ciò che per tutti divenne “la banalità del male”.

Ebbene, leggere questo dialogo serrato fra la Arendt e Heichmann è un’esperienza. Perché lei pone tutte quelle domande che forse ognuno di noi avrebbe formulato.
E fa di più, ovviamente: sposta il punto di vista. Lo guarda negli occhi, certo, ma osserva fra le pieghe, perché vuole capire. Lei come tutti noi QUANDO.
Quando, quando è stato il momento preciso in cui da niente si è passato a tutto? Cosa è stato a far scattare quel click?
E Eichmann risponde. Pacatamente, a volte in modo anche ironico, comunque sempre con logica.
E noi? Noi lettori?
Noi lettori rimaniamo lì, a girare la testa da destra a sinistra, come in un’immaginaria partita a tennis fra due campioni perché nessuno dei due molla di un millimetro il suo campo da gioco. Sono bravi entrambi nel loro ruolo e questo bisogna proprio riconoscerlo.
Massini ci fa vedere l’altra faccia di un mostro. Quella di un figlio che pur di allontanarsi dalla figura del padre farebbe di tutto, compreso decidere di far carriera a tutti i costi. Costi quel che costi.
Qui si va ben oltre la banalità del male e quando Massini scrive “buio in sala” si fa un respiro, un sospiro. Si deglutisce rumorosamente.

Stefano Massini
Eichmann – dove inizia la notte
Fandango editore,
2020

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Roberta Frugoni
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