Tumbas

Tumbas

Cees Nooteboom

2 novembre. Ognuno ha i suoi morti da ricordare. Alcuni però, grazie alla loro arte, sono nel ricordo di tutti. I poeti e gli scrittori, per esempio.
È di loro che racconta Cees Nooteboom, poeta olandese, che ha raccolto in questo libro trent’anni di viaggi durante i quali ha visitato le tombe degli scrittori, filosofi e poeti che lo hanno accompagnato per tutta la vita.
“Perché si va sulla tomba di una persona che non si è mai conosciuta? Perché ci dice ancora qualcosa, perché dice qualcosa a te, qualcosa che ti risuona ancora nelle orecchie, che ti è rimasta in testa e probabilmente non potrai mai dimenticare, qualcosa che conosci a memoria e che di tanto in tanto, a bassa o ad alta voce, ripeti. Con una persona di cui si ricordano le parole si ha una relazione di qualche tipo. Ma questo non è ancora sufficiente per andare sulla sua tomba.”
Si cammina a fianco di Nooteboom e di sua moglie Simone Sassen (fotografa) per i cimiteri più famosi del mondo, dal Père-Lachaise dove troviamo Proust e Oscar Wilde, al Cimitero Acattolico di Roma dove stanno di casa al Keats e Shelley. Saliamo in silenzio cima del monte Vaea, nelle isole Samoa, dove è sepolto R.L. Stevenson, o andiamo alla ricerca del mio amato Melville, in un angolo sperduto del Bronx. E poi ancora Leopardi che “abita” al parco Vergiliano di Piedigrotta o Nabokov che “risiede” al lussosissimo cimitero di Montreux in Svizzera.
Ogni tomba è una storia a sé, è un frammento di vita, è un pensiero che resiste al tempo e all’oblio. Tombe perfettamente conservate e tombe abbandonate in qualche squallida periferia. Tombe visitate e tombe vissute, dove noi lettori lasciamo una rosa, una lettera, perfino una bottiglia come nel caso di quella di Cortazar, in copertina.
“Chi giace nella tomba di un poeta? In ogni caso non il poeta, questo è sicuro. Il poeta è morto, altrimenti non avrebbe una tomba. Ma chi è morto non si trova più da nessuna parte, nemmeno nella propria tomba. Le tombe sono ambigue: custodiscono qualcosa e non custodiscono niente. Questo, naturalmente, vale per qualsiasi tomba, ma nel caso di quelle dei poeti e degli scrittori c’è anche qualcosa d’altro. C’è una differenza. La maggior parte dei morti tace. Non dice più niente. Ha – letteralmente – già detto tutto. Per i poeti non è così. I poeti continuano a parlare. A volte si ripetono. Succede ogni volta che qualcuno legge o recita una poesia per la seconda o per la centesima volta. Parlano anche ai non nati, a chi non viveva ancora quando hanno scritto quel che hanno scritto.”


Tumabas di Cees Nooteboom
Traduzione di Filvio Ferrari
Iperborea, 2015
Pagine 384

Titolo originale: Tumbas. Graven van dichters en denkers
Edizioni: Atlas, 2007