Leggo Riccarelli e mi chiedo cosa ci sia in questo autore che mi affascina. Mi fermo un attimo a pensare e capisco che la bravura sta nel farti affezionare ai personaggi che popolano le sue pagine. Così è stato per Paolino e il signor Lupo di Stramonio.
Così è per Signorina, la signora Mei, l’Ada e l’Armida de L’amore graffia il mondo.Del resto, quando una bambina viene battezzata dal padre ferroviere Signorina, come la locomotiva a vapore 640 e quando quella bambina riccia ha come amica e confidente un’oca di nome Armida come fai, dico io, come fai a non affezionarti? Già dopo venti pagine sei lì che tifi per lei, che speri che quel padre padrone non la picchi troppo, che le bombe della guerra non la uccidano e che un giorno possa avere anche lei una vita serena, non come sua sorella Ada che si è messa nelle mani di quel fascista violento.
Ti ci affezioni e tifi per lei. E ti viene il nervoso quando vedi che butta il suo talento alle ortiche per amore di un uomo. Per amore di un uomo.
Allora, forse, non lo ha buttato. Forse lo ha solo riposto in un cassetto, aspettando il giorno giusto per poterlo tirare fuori. Signorina quel talento sa di averlo nel cuore. Lo accarezza piano, come un pezzo di quella stoffa che sotto le sue mani si trasforma in vestiti bellissimi. Per poi piegarlo e ripiegarlo ancora, e rimetterlo via, sapendo che le sue mani servono ad altro, ora, ma che quel cassetto è lì, e lo può aprire quando vuole.
Per ingannare il tempo che passava troppo lentamente s’era messa a confezionare un corredo da regina, e gli spiegò del baule, quello in fondo al letto, nella sua camera: non si chiudeva più, tanto era pieno e lei non era capace di farci stare più niente, neanche una pezza, un cinturino o un fazzoletto leggero di battista. Gli spiegò della fatica, del sudore che aveva sulla fronte e del cuore che quasi le era scoppiato per cercare di tappare quel maledetto baule e allora, gli scrisse, aveva pensato che non era obbligata a serrarlo. Poteva lasciarlo aperto, perché da sola non ce l’avrebbe mai fatta a chiuderlo e si sentiva stanca, con troppo tempo speso ad aspettare e poco a tenersi per mano, troppa distanza e pochi baci, con troppe parole e pochi fatti, con troppi mesi dietro e chissà quanti ancora davanti, e troppi viaggi, troppe difficoltà, troppe speranze e alla fine anche troppo corredo. Così l’avrebbe lasciato aperto il baule, anzi spalancato, e che lui continuasse pure a starsene lontano a mettere a posto le cose che non riusciva a mettere a posto. Lei le sue cose ce le aveva tutte in ordine, lavate, piegate e ricamate, e se il baule se ne restava aperto pazienza.
Premio Campiello postumo per Riccarelli, scomparso qualche mese prima della manifestazione.
Ugo Riccarelli
L’amore graffia il mondo
Mondadori, 2012