È un viaggio. È una discesa. È una resa. È una sconfitta, una scoperta. È una vittoria.
Questo titolo è costruito su parole che producono scintille come pietre sfregate oppure, semplicemente, forniscono una chiave di lettura, una modalità di viaggio per attraversare le pagine scritte da Giacomo Sartori.
Anatomia come metodo di indagine, come dissezione di un essere vivente per studiarne forma e struttura. Così la voce narrante si rapporta alla storia collettiva di una famiglia, la sua, completamente immersa nel liquido amniotico del fascismo di cui si è nutrita. Il bisogno di capire chi siamo stati e come potremo essere. In questo caso l’essere vivente è il nucleo famigliare nella sua complessità, sono i genitori e i fratelli del protagonista che – ognuno a modo suo – lottano con i propri fantasmi per trovare una strada nella quale riuscire a riconoscersi.
“Io non sono mai stato adolescente, perché in casa mia c’erano gli adulti e c’erano i bambini, senza vie di mezzo. Quando si giocava e si rideva si era bambini, quando si era tirati e nervosi si era adulti”.
Teatro di una battaglia in cui i territori da conquistare sono quelli dell’affetto, dell’empatia e dell’animo umano, è l’enorme villa cinquecentesca fra le montagne del Trentino. Qui convergono i desideri, le fatiche, il vissuto di ognuno dei protagonisti. Come fosse a sua volta un organismo vivente, anche la villa sembra indicare, con la sua austera imponenza, una direzione univoca su come sia giusto crescere, pensare, essere.
Attraverso una continua incursione nei territori della memoria, Sartori ricompone pagina dopo pagina l’immagine complessa e articolata di un’epoca e di un rapporto fra padre e figlio, tra una generazione abituata al sacrificio e una che, per potersi affermare, è destinata a fare i conti col passato.
Lo sguardo del figlio, aspirante scrittore, vorace lettore, studioso e ricercatore, è costantemente rivolto al padre e, per scarto, è rispecchiato su sé stesso. Io non sono te, sono le parole che si leggono in filigrana su ogni pagina. Eppure sono parte di te.
Il libro si apre sulla metà degli anni ’80 del Novecento, quando il disastro di Chernobil ha varcato i confini tracciati dall’uomo ed è arrivato, sottile e malefico, anche in Europa. Per il padre a nulla valgono le incessanti raccomandazioni dei telegiornali sui cibi contaminati. Lui è un uomo forte, è l’alpinista infaticabile che trascina la famiglia in sfiancanti escursioni, è un combattente anche a guerra finita, uno capace di mantenere dritta la barra del timone quando tutti gli altri sono allo sbando. Lui i frutti del suo orto continuerà a mangiarli, in sfida a chi non sa combattere, a chi non sa dimostrare forza e volontà di ferro in ogni singola azione quotidiana.
Tutto è battaglia, dunque. Contro il buon senso, contro tutti, contro il mondo, contro sé stesso. In questo microcosmo famigliare ogni rapporto, anche quello più intimo, è dettato da una forma che contiene, giudica, valuta senza spazio per l’errore e l’incertezza.
I tentativi di dialogo con l’altro rimbalzano su muri di gomma, i fallimenti personali si elaborano necessariamente per conto proprio. Eppure una corrente sotterranea attraversa l’intero romanzo: c’è una fascinazione anche verso chi si detesta e questo sentimento, ambiguo e potentissimo, è una sfera rovente che, nel momento di fragilità estrema di uno dei combattenti, metterà alla prova il figlio.
Sul campo di battaglia ora c’è silenzio: se ne sono andati tutti, chi fuggendo ferito e chi disertando. Solo due figure sole sono rimaste, e sono vicine.

Giacomo Sartori
Anatomia della battaglia
Terrarossa edizioni, 2025