Gli aquiloni

Romain Gary

Storia d’amore. Di ricordi, di azzurro e di resistenza. Il secondo conflitto mondiale raccontato dal basso con gli occhi di Ludo che ci offre la sua prodigiosa memoria come strumento per osservare la guerra rimanendo nascosti fra le pieghe di un minuscolo paesino normanno.
Inizia tutto in sordina, sempre. In questo caso con l’amore improvviso e totale di Ludo per Lila, l’aristocratica ragazzina polacca che gli rapisce il cuore. L’immagine di Lila si tatuerà nel cuore di Ludo e ci rimarrà tutta la vita, guerra e tedeschi compresi. Guerra e tradimenti compresi. Guerra e cambiamenti compresi. Un amore cieco, dunque? Forse. O forse, come dice il professor Pinder, un amore inventato, giorno dopo giorno.

“Non vale la pena vivere nulla che non sia un’opera di immaginazione, sennò il mare sarebbe soltanto acqua salata…Prendi me, per esempio: da cinquant’anni non ho mai smesso di inventare mia moglie. Non l’ho neanche lasciata invecchiare. Dev’essere piena di difetti, ma io li ho trasformati in qualità. E io, per lei, sono un uomo straordinario. Non ha mai smesso di inventarmi anche lei.”

E Ludo la sua Lila se la inventa anche quando non c’è. La ascolta, dietro le palpebre chiuse, sicuro che quando ritornerà tutto sarà come prima. Allo stesso modo Ambroise Fleury continua instancabilmente a costruire i suoi aquiloni. Anche quando gli danno del matto, anche quando non potrà più farli volare alti nel cielo perché i tedeschi pensano siano segnali in codice. “mio zio diceva che gli aquiloni devono imparare a volare, come tutti” Continuare a sognare, forse è questo il segreto. E continuare a sognare forte, soprattutto quando sotto le bombe il sogno si chiama libertà.
La memoria e l’immaginazione sono la chiave di salvezza di tutti i personaggi di questo straordinario romanzo. La sopravvivenza, la resistenza, la scoperta dell’umanità sotto la divisa, qualunque essa sia. In guerra tutto si deforma, qualsiasi cosa prende dimensioni e forme inaspettate. È così che nasce l’impegno e l’ingegno. Che si rafforza la dignità. Che si affrontano rischi fino a quel momento impensabili.


Gary è un maestro di quelli veri e cuce addosso ad ognuno una storia che potrebbe essere la nostra, se solo avessimo la sua onestà nell’affermare con serenità pensieri come questo: “È da tempo che mi ha abbandonato qualsiasi traccia di odio per i tedeschi. E se il nazismo non fosse una mostruosità disumana? Se fosse umano? Se fosse una confessione, una verità nascosta, rimossa, camuffata, negata, acquattata in fondo a noi stessi, ma che finisce sempre per tornare furori? I tedeschi, Si, certo i tedeschi…Adesso tocca a loro, nella storia, tutto qui. Si vedrà, dopo la guerra, una volta che la Germania sarà sconfitta e il nazismo si sarà dileguato o nascosto, se altri popoli, in Europa, in Asia, in Africa, in America, non verranno a dargli il cambio.”
Eshkol Nevo dice che questo sia il miglior romanzo di Romain Gary. Potrebbe aver ragione.

Romain Gary
Traduzione G.Bogliolo
Neri Pozza, 2017

Romain Gary
Le cerfs-volants
Edizioni: Gallimard, 1980

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