Se tu smetti di guardare, questo posto smette di esistere. E […] qualcun altro, qualcuno che non è qui in questo momento, […] dovrà darsi da fare al posto tuo, registrare, ricordare, raccontare.
Diciamolo subito: questo libro ha vinto tre fra i più prestigiosi premi italiani riservati alle raccolte di racconti. Quindi non starò a dirvi quanto sia scritto bene e quanto l’autore si sia davvero meritato questi riconoscimenti perché, è evidente, ci sono persone molto più titolate di me che lo hanno già fatto. Quindi come fare a raccontare un libro così? Intanto dicendo che i racconti sono quattro, due brevi e due lunghi, una pacchia per chi ama il genere. Poi invitando alla lettura tutti quelli che “io i racconti non li leggo perché non mi danno soddisfazione”. Leggete e poi ne riparliamo.
Ognuna di queste quattro storie, diversissime fra loro, ti catapultano in micro mondi popolati di personaggi che ti si infilano sotto pelle. E a volte sono personaggi negativi. Sì, perché in queste pagine il lettore non trova nemmeno un brandello con cui coprirsi. Ad ogni riga si sente un pochino più nudo. Ché tutti ce l’abbiamo il lato opaco, inutile fingere. Il primo: la guerra dei Murazzi Chi è di Torino sa. Chi non ha vissuto all’ombra della Mole, invece, verrà catapultato per tutte le 78 pagine sulla riva ovest del Po dove, negli anni 90 la vita era notturna, dilatata e infinita. Dove e logiche per arrivare al mattino seguente erano quelle imposte dai più forti o dai più furbi. Dove gli amori, le speranze e le paure di quella generazione si mischiavano con il tabacco da rollare nelle cartine. Voglia di farcela, paura, sogni, i Murazzi e la sua guerra. Il secondo: Otto progetti per la costruzione di una nuvola È sempre strano trovarsi a lavorare nei luoghi in cui tutti gli altri vanno in vacanza. Qua il caldo umido del lido di Venezia ce si lo si sente addosso e nell’estate narrata ci sono pure i mondiali di calcio. Eppure un giapponese, così lontano per cultura e tradizioni, riesce a chiudere un cerchio invisibile e perfetto. Lo fa con la sua arte di parrucchiere. Sì, parrucchiere. Visionario, pittore e immaginifico. Anche Hiroshima, in fondo fu una nuvola. Il terzo: Havana 3 a.m.Si beve parecchio in questo racconto. Si fuma parecchio. Si viaggia parecchio. La rivolta dei Balseros a Cuba del 94 e il terzo esodo anti-castrista raccontate contemporaneamente da coloro che stanno dentro – i cubani – e coloro che vengono da fuori – un gruppo di amici italiani che a lì vorrebbero fare business. Lo stile è quello del reporter, la storia un intreccio narrativo che non tralascia nulla, nemmeno i personaggi minori che minori non sono; come Yanamaria, simbolo della Cuba capace di sopravvive a se stessa. Il quarto: Baal
L’ultimo racconto è una pugnalata. Precisa, tagliente. Affonda nelle zone oscure che ognuno di noi ha dentro. Baal è la calamita. È il pitbull a cui non ci si può avvicinare nemmeno col pensiero, perché il rischio è di essere sbranati. Eppure chi scappa a volte è proprio nei posti più desolati che riesce a ricreare qualcosa. Così è per il protagonista, che in quell’allevamento di erba secca e aria gelida ritrova il ritmo di qualcosa che aveva perso. La sua vita, forse. La scrittura di Remmert è dritta. Cesellata. Apparentemente semplice. Per questo si fa leggere d’un fiato. E per questo, poi, ci si trova a chiudere il libro per riprenderne un po’, di fiato.
Vincitore 30mo Premio Chiara
Vincitore 55mo Premio Settembrini
Vincitore 32mo Premio Cocito
Enrico Remmert
La guerra dei Murazzi
Marsilio Editore, 2017