Sono il fratello di XX

Fleur Jaeggy

Venti racconti brevissimi (da qui il XX del titolo?) che sembrano incisi col bulino. Non c’è spazio per i dialoghi, non c’è spazio per le sbavature e per le descrizioni troppo lunghe.Venti fotografie che ci troviamo fra le mani come ricordi trovati in una vecchia scatola.Immagini ipnotiche che non vengono ingentilita da alcun filtro.  Alla fine di ogni racconto si tira un sospiro di sollievo, si deglutisce e si chiude un attimo gli occhi.  Alla fine di ogni racconto si dice “basta così. Per oggi basta così”.  E invece ci si trova a riprendere fiato e a voltare pagina. Ancora uno.

Dal primo racconto, che dà il titolo al libro:  

 

L'altro giorno ero distratto. In una piazza deserta sono andato a sbattere contro il muro con la Mini Morris. Sono rimasto stordito. Una piccola ferita sulla testa. Quando mia sorella XX è venuta, mi ha chiesto chiesto cosa era successo, come mai ero andato a sbattere, ma io non lo sapevo, ero andato a sbattere basta. Da quel giorno mi sono accorto che non provavo dolore fisico, ero diventato insensibile al dolore. Era come se il mio corpo mi avesse lasciato. Volevo solo E rimaneva solo. Senza l’involucro. Ma con i vestiti. Ma questo era già successo nella nostra famiglia. Una nostra nonna si è ustionata con il caffè bollente E non si era accorta di nulla. Era insensibile alle bruciature. Nostra madre, che era presente, pensò che fosse pazza. Perché la nonna faceva finta di niente, parlava, scherzava. Ma non hai male? Chiedeva nostra madre. Male dove? Rispondeva lei. Allora, se nella nostra famiglia non ci si accorge neppure stiamo bruciando come ceppi in un camino, vuol dire soltanto che il nostro corpo ci abbandona, E che forse siamo spiriti, Che non si sapere quando abbiamo smesso di essere noi stessi e siamo diventati qualcos’altro.

Fleur Jaeggy
Sono il fratello di XX 
Adelphi,
2014

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