Certo, le parole raccontano. Anche i numeri, però. In questo caso le date.
Alcune sono come sigilli, apposti dall’umanità quasi a voler chiudere per sempre nel passato qualcosa di orribile come la guerra.
Oppure, come nel caso del libro di Gábor T. Szántó, sono portali da attraversare per vedere ciò che resta, o forse per vedere quell’oltre che tutti noi vorremmo mettere a tacere.

I racconti non si raccontano, verrebbe da dire. Eppure, in questa serie di otto, ogni titolo apre a un mondo, rivela una sfaccettatura, ci rende partecipi di un sentimento, preciso come un proiettile. Non è questo un libro da bere tutto d’un fiato. Seppur breve è un testo da codificare, da approfondire e esplorare.
Ogni racconto richiede una pausa di rispetto per ciò che è stato, per quel prima e durante, che abbiamo ben conosciuto attraverso i testi di storia e per tutti quei dopo rimasti impigliati nell’ombra.

La scrittura di Szántó colpisce per la sua assoluta semplicità. A tratti sembra persino una favola (nera?) tanta è la linearità che ci conduce da una riga all’altra.

Nessuna concessione al vezzo, al superfluo, allo stile costruito. C’è una volontà di trasferire un concetto, e tanto basta per rendere ogni racconto un tassello di un tutto che ci mette, noi lettori di oggi, davanti a qualcosa di grande come la parola Responsabilità.

Le scelte umane contano.