«Ho deciso da un poco di appuntare sull’agenda la vita che faccio. E mi piace riempire fogli con sopra il numero del giorno: non ho tutto lo spazio e tutto il tempo, quindi è giusta una carta che contando me lo ricorda».
La storia è minima, scarna, se così si può dire. Rosa Sirace, laureata a Perugia, torna a vivere dopo gli studi al suo paese natio, in calabria. Ci torna da disoccupata, da giovane donna e da probabile fidanzata di ragazzi che infine le preferiscono altre. Se questo è un romanzo d’amore, lo è per l’attaccamento alla propria terra, a una famiglia in cui il padre operaio diventa per lei il Visconte di Verolea e la madre Nicca Fiori, “importata” dalla sardegna, la Baronessa di Babbumannu.

Per raccontare di questo libro la devo prendere un po’ larga.
Perché i Quaderni di Luisa T. arrivano diretti da un luogo magico, il Piccolo Museo del Diario. A Pieve Santo Stefano, in toscana, trentaquattro anni fa Saverio Tutino decise di fondare un archivio in cui raccogliere le moltissime testimonianze scritte delle persone comuni.

Arriva il giorno che inizi a leggere Simenon.
Con tutte le nuove uscite che hai in lista, tiri fuori dei vecchi libri di famiglia e inizi a girarteli fra le mani.
300 lire per un giallo con i fiocchi.
Non male.
Però voglio iniziare dai “non Maigret”.
Non perché il commissario mi abbia fatto qualcosa, piuttosto perché, da lettrice in erba, Maigret per me è ancora troppo legato all’immagine di Gino Cervi.
Allora lo voglio prima conoscere un po’ questo George e poi arriverà anche il turno del commissario.
Nell’ordine ho letto la Camera azzurra, Lettera al mio giudice e da ultimo Il piccolo libraio di Archangelsk.
Quest’ultimo detiene finora il podio.

La goccia d’oro, di Michael Tournier, La diva Julia di Somerset Maugham e L’uomo che guardava passare i treni di George Simenon.
Ci sono tanti modi di essere lettori. Uno di questi, che sento appartenermi in modo particolare, è quello che mi fa cercare collegamenti fra le cose.
Per questi tre libri il mio fil rouge è stato il concetto di Immagine. Immagine reale, immagine percepita. Specchio, immagine falsa, falsata, inventata. Realtà, immagine deformata. Verità.
Ci sono tanti modi di essere lettori. Uno di questi, che sento appartenermi in modo particolare, è quello che mi fa cercare collegamenti fra le cose.
Per questi tre libri il mio fil rouge è stato il concetto di Immagine. Immagine reale, immagine percepita. Specchio, immagine falsa, falsata, inventata. Realtà, immagine deformata. Verità.

Sono una curiosa. Volevo capire perché questo libro che riempie le vetrine ed è sulla bocca di tutti sta riscuotendo così successo.
L’ho terminato oggi e un’idea me la sono fatta.
Il libro si legge velocemente, è scorrevole e leggero nonostante l’argomento certamente non lo sia.
E questo lo considero comunque un punto a favore.
La Postorino ci racconta la storia delle assaggiatrici di Hitler, un gruppo di dieci donne che nell’autunno del ’43 vengono assoldate per mangiare tre volte al giorno i pasti destinati al Führer.

Questo è un libro di confini. Dove c’è un dentro e un fuori. Dove c’è un’immobilità fisica e di pensiero. Dove la paura paralizza e spinge a un rifiuto di qualsiasi azione di salvezza.
Sembra però anche un quadro di Bruegel, perché la storia è intinta in una pece nera, che sa di medioevo del pensiero, di ipocrisie squisitamente umane, di tragicomico destino che gli abitanti in qualche modo scelgono di abbracciare.

Pier Vittorio Tondelli lo chiamava «lo scrittore più sottovalutato d’Italia».
Il marchigiano Severini.
Schivo, colto, misurato. Poche interviste, pochissime apparizioni.
A dimostrazione che si può essere grandi anche senza stare sulla ribalta.
In Dilettanti si percorrono cinquant’anni di vita italiana, di provincia.
E questo non è un particolare da poco.
La provincia di Severini ha i contorni di un vero e proprio personaggio in questo libro: oltre a Sergio, Giancarlo, Giulio, Vincenzo, Giovanna e Marcello c’è l’aria ferma della provincia che marca la sua presenza in modo forte, forse decisivo per coloro che in queste pagine si muovono come dilettanti della vita.

Di quante etichette, di quante caselle abbiamo bisogno per sentirci meno insicuri?
In queste duecento pagine Alexandre ce le scompiglia tutte quelle caselle.
Perché ha la pelle scura ma parla dialetto.
Perché di fronte a una famiglia biologica che lo reclama come bravo musulmano lui dice no, anche se poi di fronte al resto del mondo di mangiare maiale non se ne parla proprio.
Perché lui sui divani arabi che arredano case svizzere non si trova a suo agio. Perché “essere” di chi ti cresce non è sempre semplice.
Eppure chi ti guarda le vede chiare le tue radici. Oppure no?

“Hai bisogno di qualcuno che ti prenda in giro. Altrimenti saresti insostenibile. Una settimana e non ti sopporteresti più”.
Howard Backer è fermo al semaforo: aspetta che scatti il verde. Mille pensieri più o meno banali e assolutamente terreni gli attraversano la mente durante l’attesa.
Quando riparte, la strada a dieci corsie davanti a lui lo porta direttamente in una città sconosciuta.
Howard arriva in Paradiso: ché non è d’oro puro e cristallo trasparente come quello descritto da San Giovanni nel libro dell’Apocalisse, piuttosto una metropoli moderna fatta di grattacieli, strade e uffici.

Cinque racconti brevi. Una giovane autrice messicana che ha ricevuto già diversi riconoscimenti.
“in Bestiario sentimentale la vita degli animali, governata dagli istinti e dalle leggi implacabili della natura, si fa specchio delle relazioni fra esseri umani”.
Guadalupe Nettel sceglie accuratamente i suoi animali: pesci combattenti, scarafaggi, gatti, funghi (si, la Nettel con licenza poetica, include i funghi della pelle nel regno animale anche se dagli anni 70 i funghi hanno un regno tutto per loro) e infine vipere.