“Kramp” è un piccolo libro che passa sottopelle. La sua scrittura, talmente semplice da apparire un racconto per bambini, arriva in modo diretto e profondo al nostro sentire. Leggere queste 123 pagine è come guardare negli occhi i personaggi e leggervi che, per quanto assurdo, anche l’orrore di una dittatura può essere raccontato con poesia, come una carezza lieve.

Venti racconti brevissimi (da qui il XX del titolo?) che sembrano incisi col bulino. Non c’è spazio per i dialoghi, non c’è spazio per le sbavature e per le descrizioni troppo lunghe.Venti fotografie che ci troviamo fra le mani come ricordi trovati in una vecchia scatola.Immagini ipnotiche che non vengono ingentilita da alcun filtro. Alla fine di ogni racconto si tira un sospiro di sollievo, si deglutisce e si chiude un attimo gli occhi.

Regalami una tregua, vita mia!
Questo libro è una bomba. Non solo perché è splendido e ricco di spunti di riflessione. Lo è anche perché, come una bomba, esplode senza nessun preavviso, lasciando tutti attoniti. Primo fra tutti Martin Santomé, protagonista e impiegato quasi quarantanovenne in una Montevideo degli anni ’50. Prossimo alla pensione, perché nell’Uruguay di quegli anni la gente andava in pensione all’età di 50 anni, Martin trascorre una vita monotona e in qualche modo rassegnata. Tre figli oramai adulti, una moglie morta quando lui era ancora giovanissimo, un lavoro noioso in una ditta di componenti meccanici. Ogni giorno uguale al precedente. Una vita in accumulo.

La luce resuscitava il giorno, lo faceva apparire in piena notte al semplice contatto di un interruttore. Mi disse che ebbe paura. Mi disse che la prima cosa che pensò fu che la luce elettrica, nonostante spaventasse le ombre, potesse essere pericolosa. Mi disse che la luce elettrica si burlava del tempo e questo nessuno, nemmeno chi aveva la mente illuminata, poteva farlo.
C’è sempre un prima e un dopo. In ogni storia c’è un momento preciso che separa gli accadimenti e li divide come un solco nella terra.

Sganciati da questo amore folle piccolo Romouchka. Scappa. Non fare promesse. Non legarti a doppio filo a questa madre che ti fa alzare gli occhi al cielo e che piange tenendo il tuo viso fra le mani. Non prestarti al ridicolo, quando tua madre racconta di te al mondo come futuro eroe, ambasciatore, scrittore.

Fu presso le Fondamenta delle Zattere allo Spirito Santo (nel sestiere di Dorsoduro) che nel 1517 San Gaetano da Thiene fondò l’Ospedale degli Incurabili.In quella che è oggi sede dell’Accademia di Belle Arti si dava accoglienza a uomini e donne affetti da quello che veniva allora chiamato “il mal francese”, la sifilide.Iosif Brodskij scrive questo saggio nel 1989, su commissione del Consorzio Venezia Nuova per un’edizione fuori commercio che venne data alle stampe solo nel 1991, per i tipi di Adelphi.

Per certe persone alcuni argomenti sono veramente tabù. Se la morte è uno di questi, questo post non fa per voi.
“Chi non desidera leggere una descrizione realistica della morte e dei cadaveri, è incappato nel libro sbagliato. Qui siete chiamati a togliervi metaforicamente la benda dagli occhi”
Caitilin Doughty mi avvisa fin dalle prime righe. Ok, decido di proseguire. In fondo ci sono cose che mi sono sempre chiesta. Non le cose sull’anima, che quelle chissà…sono quelle sul corpo a interessarmi.

Leggo Riccarelli e mi chiedo cosa ci sia in questo autore che mi affascina. Mi fermo un attimo a pensare e capisco che la bravura sta nel farti affezionare ai personaggi che popolano le sue pagine. Così è stato per Paolino e il signor Lupo di Stramonio.
Così è per Signorina, la signora Mei, l’Ada e l’Armida de L’amore graffia il mondo.Del resto, quando una bambina viene battezzata dal padre ferroviere Signorina, come la locomotiva a vapore 640 e quando quella bambina riccia ha come amica e confidente un’oca di nome Armida come fai, dico io, come fai a non affezionarti?

Voglio scriverlo di getto questo commento, così come velocemente ho letto il libro. 196 pagine che mi hanno presa, stritolata e risputata sulla riva a fare i conti con i miei ricordi. Al netto delle ultime righe che avrei voluto leggere diverse (ma io con i finali ci litigo spesso) questo è forse uno dei libri più belli che abbia letto ultimamente. La trama: una figlia trentaseienne ritorna a Messina per aiutare la madre nei lavori di ristrutturazione della casa di famiglia. Il padre è uscito dalle loro vite molti anni prima. Non è morto, è semplicemente andato via da un giorno all’altro, senza lasciare tracce.L’assenza potrebbe essere il tema. Se non fosse che la casa da ristrutturare ha il tetto sfondato. Il tetto. Quella cosa che ti protegge, che ti ripara, che simbolicamente “è” casa. Assenza di cosa, quindi?